In queste condizioni di finanza pubblica e di clima politico era impensabile che la scuola uscisse del tutto indenne da una manovra volta a recuperare risorse per oltre quaranta miliardi di euro; il peso degli interventi previsti per il settore dell’istruzione potrebbe anche dirsi sopportabile, se non fosse che il comparto ha già pagato in questi anni un costo elevatissimo alle politiche di risanamento.
Il fatto che non si prevedano ulteriori riduzioni di posti rispetto a quelli attivati nel 2011/12 può essere una prima risposta alle nostre ripetute richieste di porre fine a un’insostenibile politica di tagli agli organici. Lo stesso vale anche per l’esplicita conferma dei parametri attualmente vigenti per l’organico del sostegno, presupposto necessario per chi, come noi, punta a mantenere e consolidare le pratiche di integrazione che qualificano il nostro sistema scolastico.
Interventi più consistenti attengono al dimensionamento della rete scolastica: al riguardo, rischia di essere riduttivo limitare la questione ad un mero ritocco di parametri numerici, trattandosi di una rivisitazione di modelli organizzativi che necessariamente chiama in causa le competenze di altri livelli istituzionali (regioni, province, comuni).
Sul versante assunzioni, non è messo in discussione il piano triennale per la scuola previsto dal decreto sviluppo, di cui è imminente la conversione in legge. L’immediata copertura di tutti i posti vacanti e disponibili del personale docente e a.t.a. resta l’obiettivo che vogliamo conseguire in tempo utile per l’avvio del prossimo anno scolastico. Su questo abbiamo chiesto al Governo di convocarci, ci attendiamo che lo faccia nel giro di pochi giorni.
All’ulteriore rinvio dei rinnovi contrattuali diciamo no, anche perché la contrattazione può essere fattore importante per migliorare la qualità del servizio, attraverso una valorizzazione delle professionalità legata ad un ottimale utilizzo delle risorse.
Resta la necessità che di scuola si parli non soltanto in relazione a provvedimenti di emergenza economico finanziaria, vincolati al contenimento dei costi. Va invece assunto fino in fondo il concetto che la scuola e la formazione sono settori strategici su cui investire per accelerare l’uscita dalla crisi e offrire al Paese prospettive di crescita e sviluppo.
Non possono essere comunque i lavoratori a sopportare, da soli, il costo del pur necessario risanamento della finanza pubblica. La CISL lo ha detto chiaramente, ogni richiesta di sacrifici al Paese può essere fatta solo a fronte di interventi chiari e credibili che assumano come obiettivo una maggiore equità fiscale, a partire dal recupero delle scandalose quote di evasione, l’eliminazione degli sprechi nell’utilizzo delle risorse pubbliche e un consistente abbattimento dei costi della politica. Su quest’ultimo punto, in particolare, le attese restano ancora una volta deluse, per l’evanescenza degli interventi annunciati, che risultano di assoluta irrilevanza e affidati, ancora una volta, a provvedimenti “a futura memoria”. Trasformare ingiustificati privilegi in “diritti acquisiti” da tutelare, quando la stessa cautela non si è usata ogni qual volta i lavoratori hanno visto rimettere in discussione, per esigenze di risparmio, le loro attese consolidate, aggiunge all’insufficienza dei provvedimenti anche un insopportabile tocco di sfrontatezza.
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