Sul numero di “Scuola e Formazione” in corso di spedizione il segretario generale Francesco Scrima interviene, con una lettera aperta agli iscritti, sui temi dell’attualità politico sindacale, evidenziando in modo particolare l’impegno, la strategia e i risultati ottenuti dalla CISL e dalla CISL SCUOLA nel confronto col Governo sulla manovra economica.

Cara amica, caro amico, .

ancora una volta, come già accaduto più volte in passato, la CISL è chiamata a compiere scelte impegnative che diventano ancor più difficili perché fatte oggetto di letture distorte, frutto di superficialità o peggio di strumentale malafede.
Sono scelte che si impongono in momenti cruciali, nei quali l’esercizio della nostra azione di tutela non può esaurirsi in chiave puramente e semplicemente rivendicativa, ma richiede una capacità di visione strategica, che si proietta al di là delle immediate contingenze.
Così fu nel 1984, quando si trattò di rivedere meccanismi di tutela salariale che apparentemente assicuravano una protezione alta dei salari, mentre in realtà finivano per innescare e alimentare processi inflattivi che ne diventavano il principale fattore di erosione.
Così è stato nel 1992 e nel 1993, quando la CISL fu protagonista dell’avvio di un modello di relazioni sindacali, la concertazione, su cui si è retta fino ad oggi la nostra azione contrattuale ma che, soprattutto, contribuì in modo decisivo a risollevare il Paese dal profondo stato di crisi politica ed economica in cui versava agli inizi degli anni ’90.
In entrambe le circostanze la CISL si trovò a compiere scelte molto contestate in ambito politico e sindacale, che tuttavia gli stessi detrattori dovettero riconoscere in seguito come giuste, divenendone non di rado ferventi sostenitori e strenui paladini. Quando ci capita di ascoltare dirigenti della FIOM che si intestano, oggi, la difesa del modello concertativo, non possiamo non ricordare la parte attiva che gli stessi ebbero, all’epoca, nelle feroci contestazioni di cui la CISL e il suo gruppo dirigente furono bersaglio.

Anche allora, come oggi, alla CISL furono rivolte accuse di subalternità alle forze di Governo, con le quali necessariamente si svolgevano confronti e si definivano intese; necessariamente, perché l’interlocuzione non può avvenire altrimenti che con i Governi in atto, a prescindere dal loro colore politico, né può – almeno per quanto ci riguarda – concedersi soste, in attesa di ipotetici “tempi migliori”. E’ questa una regola fondamentale, una conditio sine qua non per l’esercizio di una reale autonomia dell’azione sindacale, autonomia che non significa indifferenza rispetto alla qualità e al segno dei progetti di cui la politica si fa portatrice, ma che sancisce una netta distinzione dei piani su cui l’azione politica e quella sindacale si muovono.
Se non si coglie questa distinzione, si finisce per cadere nell’equivoco di chi considera un accordo o un’intesa col Governo alla stregua di un “voto di fiducia”: una confusione che non può essere ammessa, e nella quale invece molto spesso si rischia di incorrere, anche perché non manca chi fa di tutto per alimentarla, specie da quando la lettura dei fatti politici e sociali avviene secondo i canoni forzosi di un troppo schematico “bipolarismo”, dove tendono a prevalere sopra ogni altro aspetto le logiche di schieramento. In questo clima, che predilige lo scontro e la polemica al ragionamento e al confronto pacato, la domanda più frequente non è “che cosa pensi”, ma “da che parte stai”. E’ un clima che potrà sembrare più stimolante e vivace, ma a noi non piace, perché in realtà rischia di avvelenare il Paese: è un clima al quale non intendiamo rassegnarci né adattarci.

Dal 1994 ad oggi si sono alternati al Governo due schieramenti politici, in misura pressoché equivalente in termini di tempo, ma con ben diversa coesione interna e capacità di tenuta. Non c’è dubbio che questo Governo, nonostante le fibrillazioni che ultimamente si stanno manifestando nella maggioranza, può fare comunque affidamento sull’ampio margine di voti di cui dispone in tutti e due i rami del Parlamento, in misura maggiore di quanto non sia mai avvenuto in precedenza. E’ quindi un Governo che con ogni probabilità durerà fino al termine della Legislatura, scadenza alla quale mancano tre anni; un lasso di tempo che l’attuale opposizione dovrà impiegare per accrescere, in vista di quell’appuntamento, il suo livello di competitività. Non è senza significato il fatto che a ventilare un eventuale ritorno anticipato alle urne sia, di tanto in tanto, il leader della maggioranza, e non quello del maggior partito di opposizione. Segno inequivocabile di quali siano oggi (o quali si possano prospettare nel breve periodo) i rapporti di forza fra le parti in campo.
E’ un Governo di centro destra, dal quale pertanto non ci si dovrebbe attendere una grande disponibilità al dialogo sociale: proprio per questo rivendicare spazi di negoziato non è mai stata una scelta “rinunciataria” o di basso profilo nella rappresentanza degli interessi dei lavoratori, ma l’esatto contrario, almeno per chi, come noi, non accetta di rinchiudersi nell’angolo della pura protesta.

Sono queste le ragioni che ci hanno indotto, in una stagione certamente difficile per la scuola e per i lavoratori che rappresentiamo, a non limitarci all’espressione del nostro dissenso per scelte non condivise, ma a ricercare insistentemente occasioni di confronto e negoziato in cui far valere quanto più possibile le nostre ragioni, in presenza di una controparte fortemente tentata di far prevalere unicamente le proprie, avendo i numeri per farlo. Da qui un forte impegno speso su diversi tavoli negoziali, da cui sono venuti risultati che, per quanto modesti, valgono assai più del nulla che avrebbe prodotto l’attestarsi su un massimalismo inconcludente.

Allo stesso profilo di sindacato deciso ad affermare la sua autonomia e le sue prerogative la CISL si è attenuta in relazione ai provvedimenti, da tutti ritenuti indispensabili e inevitabili, volti a fronteggiare la drammatica emergenza economico finanziaria che investe oggi i Paesi dell’Unione Europea. La nostra organizzazione si è spesa quindi attivamente in un confronto col Governo nella fase di predisposizione del decreto legge 78/2010, perché le misure in esso contenute rispondessero quanto più possibile a un doveroso principio di equità. Riteniamo che sia merito anche della nostra azione se nel decreto, accanto ad interventi su cui esprimiamo un forte dissenso, altri ve ne sono che vanno nella direzione da noi richiesta, specie per quanto riguarda i temi del contrasto all’evasione fiscale, della lotta agli sprechi e del sostegno allo sviluppo nel Mezzogiorno.
Sul fisco, non è davvero di poco conto che questo Governo accetti di reintrodurre alcuni degli strumenti più contestati – quasi con furore ideologico – quando a metterli in campo era stato il precedente Esecutivo (tracciabilità dei pagamenti sopra i 5.000 euro, accertamento mediante redditometro): una vera e propria “conversione” a cui è stato costretto chi sullo sloga del “fisco leggero” ha costruito molta parte delle sue fortune politiche.
Altrettanto importanti sono per noi l’esclusione di tagli alla sanità e l’intervento molto limitato in materia previdenziale (salvo quanto introdotto, in sede Parlamentare, per l’innalzamento a 65 anni dell’età richiesta alle donne per accedere alla c.d. pensione di vecchiaia), nel contesto di una manovra che interviene fortemente sul pubblico impiego, ma in misura comunque più contenuta di quanto fin qui fatto dai Governi di altri Paesi.
Alla nostra azione si deve, inoltre, la riformulazione delle misure riguardanti le modalità di pagamento delle indennità di buonuscita, per le quali in origine si prevedeva una liquidazione in tre rate annuali (24.000 euro il primo anno, 48.000 il secondo, con saldo nel terzo anno) e che invece saranno pagate in unica soluzione per un importo fino a 90.000 euro, facendo salve così in via generale le indennità di fine servizio di tutto il comparto scuola.
Non meno importante, specie in tempi di crescente emergenza lavoro, il fatto che le misure destinate a bloccare le assunzioni nel settore pubblico non abbiano compromesso la possibilità di ottenere, per il comparto scuola, una quota di immissioni in ruolo, che la CISL ha sempre fortemente rivendicato fin dall’inizio del confronto col Governo, per le quali il MIUR ha già chiesto le prescritte autorizzazioni: ciò consentirà di assumere, con decorrenza dal 1° settembre 2010, 10.000 docenti e qualche migliaio di unità di personale a.t.a.

Proprio perché abbiamo condiviso l’accorato appello rivolto dal Presidente della Repubblica a tutte le forze politiche e sociali per una comune, doverosa assunzione di responsabilità di fronte all’emergenza, ci siamo sentiti pienamente legittimati a denunciare quegli aspetti della manovra che venivano meno ad un altrettanto doveroso principio di equità. Per questo ci siamo opposti da subito all’intervento sulle progressioni di anzianità, intollerabile e iniquo perché caricava sui lavoratori della scuola un ulteriore e gravoso onere, oltre a quello del blocco dei rinnovi contrattuali di tutto il pubblico impiego, facendo pagare al personale docente e a.t.a. un prezzo ben più alto di quello richiesto a chi, come gli alti dirigenti dello Stato, gode di retribuzioni ben più consistenti. Si trattava di una misura inaccettabile, nei confronti della quale il nostro obiettivo è stato da subito molto chiaro: ottenere le necessarie modifiche in sede di conversione in legge del decreto.
Per questo la CISL Scuola, fortemente sostenuta dalla Confederazione, non si è limitata alla denuncia e alla protesta, ma si è immediatamente attivata per sollecitare il Governo e le forze politiche a farsi carico degli indispensabili interventi emendativi al decreto legge 78/2010. La manifestazione del 15 giugno al teatro Quirino di Roma è stata l’occasione per dare corpo in modo ben visibile alla protesta e alla proposta, attraverso prese di posizione e iniziative assunte unitariamente dalla maggior parte delle organizzazioni sindacali rappresentative del mondo della scuola. Una pressione che ha prodotto buoni risultati, dal momento che il Governo, e direttamente il Ministro dell’Economia, hanno assunto l’impegno di emendare il decreto legge 78/2010 in modo che fosse possibile:
– individuare le risorse necessarie, senza alterare il saldo complessivo della manovra;
– far fonte, con queste, alla copertura degli oneri derivanti dalla corresponsione degli incrementi dovuti al personale docente e ata per effetto delle progressioni di anzianità nel triennio 2010-12.
Ad avvenuta conversione in legge del decreto, prendiamo atto che tale impegno è stato mantenuto: un primo passo fondamentale, al quale dovranno certo seguire altri adempimenti, di cui diremo fra poco, ma senza il quale la partita sarebbe stata inesorabilmente persa.
Com’era prevedibile, c’è stato chi ha denunciato l’ “insufficienza” delle modifiche apportate al decreto, sostenendo che queste non risolvono in modo esplicito e in via permanente la questione degli scatti di anzianità. Si tratta di affermazioni che con molta superficialità banalizzano una questione assai complessa, ignorando o fingendo di non vedere le difficoltà derivanti da un contesto economico e politico che rende del tutto priva di credibilità la prospettiva di un impossibile “rovesciamento” della manovra a colpi di emendamento.
Noi riteniamo che la soluzione individuata segni un punto di positiva mediazione, che permette il recupero di risorse già sottratte e indirizzate ad altri fini e rimuove i vincoli, presenti in diversi passaggi del decreto 78/2010, che avrebbero reso impossibile una loro destinazione alle retribuzioni del personale della scuola.
Non è un risultato di poco conto, e solo per vuoto massimalismo o per ostinata vocazione polemica può essere sottovalutato: da quel risultato – che per la verità hanno cercato di intestarsi anche coloro che lo giudicano “insufficiente” – noi intendiamo ripartire per il percorso che ci attende, quello del confronto col Ministro dell’Istruzione al quale è demandata l’adozione dei provvedimenti che indicheranno la destinazione delle risorse: saremo attentamente e attivamente vigili perché gli impegni assunti dal Governo siano rispettati in modo puntuale e coerente.

Per altre vie ha deciso di muoversi la Flc CGIL, uniformandosi sempre più alle scelte e ai comportamenti della sua Confederazione, arroccata su posizioni di rigido contrasto alla manovra, conseguenti ad una logica di opposizione complessiva, più politica che sindacale, all’azione del Governo. Uno stile che non ci appartiene, come già detto in precedenza, e di cui non possiamo che prendere atto, essendo ogni organizzazione libera di assumere le proprie decisioni e di darsi le proprie regole di comportamento: quello che non possiamo accettare, però, è il tentativo di far passare per “acquiescente” chi non ritiene di potersi adattare agli schemi di una conflittualità esasperata e preconcetta. Il difetto antico della subalternità alle logiche della politica si ripropone oggi in forme nuove e diverse, ma ugualmente segnate dalla confusione di piani e di ruoli, per un sindacato che sembra mosso dalla volontà di “soccorrere” una parte politica, tentando di colmarne le insufficienze, ma rischiando di rendere un pessimo servizio sia alla politica che al sindacato. Quale schieramento abbia tratto più vantaggi dalla radicalizzazione dello scontro ce lo dicono, del resto, tutte le consultazioni elettorali svolte a vario livello negli ultimi due anni. Solo una insana vocazione al suicidio potrebbe indurci a seguire la stessa strada sul piano delle relazioni sindacali.
Ben più utile per noi e per i lavoratori che rappresentiamo, e ben più necessario al Paese, pensiamo possa essere il contributo che attraverso una pratica responsabile dell’azione sindacale si può dare ad una crescita di qualità del confronto politico, purtroppo ancora largamente in balia di una insopportabile e superficiale faziosità, nel momento in cui il Paese – e in esso prima di tutto i soggetti più deboli ed esposti – avrebbe così tanto bisogno di un “dialogo” condotto da parte di tutti all’insegna della serietà e dell’intelligenza

 

Francesco Scrima

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